l'anno magico

L'anno magico. Il secondo scudetto della Roma nelle parole dei protagonisti

Susanna Marcellini e Massimo Paravani

EDITORE: Ultra Sport

ANNO DI PUBBLICAZIONE: 2023

GENERE: Sport

TRAMA: 

Erano gli anni dei collant colorati, dei pantaloni di pelle, dei jeans strappati e delle giacche luccicanti, dei capelli cotonati all’inverosimile, di Pac-Man e dei film di Spielberg. L’Italia del calcio era appena uscita dal Bernabéu con un’incredibile Coppa del Mondo tra le mani, e anche sulla sponda giallorossa del Tevere si sognava in grande. Sogni che divennero realtà quell’8 maggio 1983, quando l’Ingegner Viola, dopo quattro stagioni, riuscì a completare il progetto e portare la Roma sul tetto del calcio grazie a Mister Liedholm e una squadra composta da uomini e campioni straordinari: da Falcão a Nela, da Ancelotti a Pruzzo, da Conti a Di Bartolomei, da Prohaska a Vierchowod, e si potrebbe continuare. Oggi, a quarant’anni esatti di distanza, sono loro, insieme a tifosi eccellenti e addetti ai lavori, a raccontarci le storie di una stagione eccezionale e a farci rivivere l’impresa di un gruppo che riuscì a scrivere una pagina indimenticabile della storia sportiva della Capitale e del calcio italiano.

SCHEDA DELL’AUTORE/AUTRICE:

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Susanna Marcellini

Sono nata a Roma il 18 agosto, con tre mesi di anticipo  rovinando il ferragosto a mia madre. Andare di fretta è un difetto che ho mantenuto negli anni! Oltre a tanti altri che evito di ammettere perché meno evidenti. Ho sempre vissuto a Roma, terzo piano di una palazzina signorile nel quartiere Monteverde, quartiere popolato da giovani che andavano in giro con i jeans 50, il mitico Moncler, la cinta del Charro e le Clark, altro che tacco 12 di oggi. Sono cresciuta con le merendine del Mulino Bianco, i Puffi, gli Yappies, i capelli cotonati all’inverosimile, i colori fluo, le orribili spalline e i Duran Duran. La Rivoluzione Francese noi degli anni ’80 l’abbiamo studiata in tv lottando accanto a Madamigella Oscar Francois Dejarjayes per difendere la Regina Maria Antonietta insieme a quel figo megagalattico di Andrè Grandier (ovvero quello che pensavamo fosse l’uomo perfetto, poi ci sono cambiati i punti di vista). Amo viaggiare, per curiosità e per lavoro. Ci sono due cose di cui vado fiera nella mia vita: essere bionda e aver capito da giovane la regola del fuorigioco, del resto con una famiglia calciofila come la mia non poteva essere diversamente. Ma la vera passione per il calcio (papà, nonno e fratello permettendo) è nata con Holly e Benji e un campo Kilometrico dove una partita durava più o meno cinque puntate. Insomma è anche un po’ grazie a loro se ho deciso di diventare una giornalista e scrivere libri di sport. Considerando il lavoro di mio padre, l’alternativa era fare la camionista, alla Serena Grandi per intenderci. Non ho un cognome famoso e nemmeno un giornalista importante in casa, o tra i miei avi più lontani. Non sono sposata, non ho figli, ma ho due nipotine Mia e Sara che amo moltissimo, un pastore tedesco di 50 kili, e un compagno ritrovato dopo 20 anni, nell’estate del 2020. Non ho molto tempo ma quando capita, ne abbia, amo andare a cavallo, cucinare, fotografare, ascoltare musica italiana, ma soprattutto scrivere: praticamente scrivo ovunque.. Mi conquistano le belle menti ho la passione per gli sport estremi e per gli sportivi, che più o meno è la stessa cosa. La stessa passione ce l’ho anche per la cacio e pepe, il tiramisù, la nutella, il vino rosso, e la barba incolta sugli uomini. Nel 2006 ho pubblicato per una piccola casa editrice sarda il mio primo libro “Il Calcio a modo Mio”, ad oggi l’ho letto io, la mia famiglia e qualche disperato costretto dall’anonima sequestri a soggiornare sull’isola. Poi dalla Sardegna mi sono spostata in Sicilia dove per tre stagioni sono stata Responsabile della Comunicazione per il Palermo calcio. Prima e dopo ho fatto tante cose. Chi mi conosce bene sa che qualcosa l’ho anche dimenticata per un black out avuto nel 2014, ad oggi ricordo quasi tutto e quello che non ricordo non so di averlo dimenticato, quindi non fa molta differenza. Da questa vicenda ho imparato a sorridere e a credere che il “ci vediamo domani” sia la promessa più bella che si possa fare ad una persona. Tra le tante cose che odio c’è andare a letto arrabbiata, il traffico di Roma, il disordine, le persone che scambiano la leggerezza per superficialità, gli arroganti e chi pensa che la furbizia sia intelligenza. Oggi dopo 21 anni di lavoro da dipendente nel bel mezzo della pandemia mi sono licenziata, trovando dentro di me tanta forza. Vivo delle mie passioni parlare e scrivere. 5 sono i libri che ho scritto e almeno altri due sono quelli che vorrei scrivere. Il resto del tempo sono una figlia (rompipalle) una sorella (affidabile) una zia (divertente), una compagna inaspettatamente (complice, ironica e un pò dislessica). Questo lo ha scritto lui, quindi potete crederci. Autoironica quanto basta per accettare la cellulite, le rughe che la vita  impone, i kili di troppo, i 160 centimetri che non fanno di me una stanga. Sono una che ci mette la faccia sempre e devo dire che lei non si è mai tirata indietro. Non amo le mezze misure e nemmeno i mezzi sentimenti. Non importa se alla fine piango e mi vengono le rughe, quelle me le tengo e non accetterò mai chi non accetta i miei difetti o le mie rughe. E non rinuncerò mai alle mie imperfezioni perché per nessun motivo rinnegherò nessun giorno della mia vita. Perché poi alla fine mi guardo, vedo le rughe e dico “però quante risate mi sono fatta….”  Sono anche quella volpe che se non arriva all’uva va a prendere un bastone, una scala, e a quell’uva prima o poi ci arriva. Non ho tantissime amiche, ma quelle che ho sono le migliori. Uso i social come antidoto contro la timidezza. Spesso scrivo per divertirmi, qualche volta provo a scrivere cose serie, e troppo spesso mi accorgo che è difficile per chi legge capire la differenza. Sono quella che in radio rompe le palle ai giocatori, dirigenti, presidenti per convincerli a parlare, sono anche quella che racconta la vita dei calciatori e cerca di farlo con tatto e un po’ di poesia, per far uscire le emozioni che mi trasmettono e poi quando vedo il libro esposto in libreria io mi sento come una bambina con il primo giocattolo…  rimpiango un po’ il periodo in cui Banderas era Zorro e non il panettiere del Mulino Bianco… Cosa mi piacerebbe fare? riuscire a capire un po’ di più le persone, trovare più tempo per i miei genitori, le mie nipoti e i miei cugini… mi piacerebbe anche tornare indietro nel tempo e farmi una chiacchierata con i miei nonni.. vivere in una casa di fronte al mare e scrivere un romanzo che ho in testa da un po’ di tempo… mi piacerebbe adottare un bambino…e mangiare cioccolata senza ingrassare, insomma vorrei fare ancora tante cose… Ad oggi non so quanta benzina ho ancora nel serbatoio e proprio perché non lo so  intendo usarla tutta e al meglio… Diffido sempre da chi si prende troppo sul serio, di chi la sa sempre più lunga, di chi ha già visto tutto e di chi confonde la leggerezza con la superficialità…” 

Massimo Paravani

Sono nato ad aprile del 1970 a Roma, città che, nonostante tutte le sue contraddizioni e difetti, adoro. Abito in una borgata in periferia praticamente da sempre. Ho visto i prati, dove da bambino correvo libero e felice, scomparire sotto tappeti di asfalto e cemento, la città mangiare la campagna. Dopo cinque anni di viaggi quotidiani, interminabili ed estenuanti, per arrivare in centro, mi sono diplomato in una delle scuole più affascinanti e creative esistenti: l’Istituto per il Cinema e la Televisione. La qualifica era quella di Grafico Pubblicitario, ma abbandonai quasi subito velleità professionali in quella direzione, lasciai la pittura ed il disegno ad esclusivo piacere personale. Oggi mi occupo di informatica, sono sistemista in un’importante società di consulenza di Roma. Il mio lavoro estremamente razionale e logico mi porta, inevitabilmente, ad appiattire quella parte vitale di estro e creatività che alberga in ognuno di noi e che mai si dovrebbe lasciare atrofizzare. Nei residui di tempo libero allora mi immergo nelle mie fantasie letterarie e, a volte, capita che le parole fioriscano da sole, a me non rimane altro che fermarle nel tempo e metterle in ordine. Quei momenti sono magie che si ripetono nelle molteplici possibilità di rilettura che questo tramutare emozioni in parole comporta.