Su I volti di Dio. Faccia a faccia con Mallock.
Jean-Denis Bruet-Ferreol è un tipo particolare. Di nazionalità francese, pittore, designer, compositore, fotografo è anche scrittore di thriller strabilianti – I volti di Dio, edizioni e/o, il romanzo in finale al Premio Bancarella, ha fatto perdere il sonno a schiere di lettori.
L’autore firma i suoi libri con lo pseudonimo di Mallock, che poi è anche il nome del suo personaggio seriale. Non proprio scontato. «Ho dato lo stesso nome al mio protagonista perché tutti mi dicevano che così non si fa – ha confidato, in una bella intervista, ad Alberto Pezzini di Libero». E sì, in questa risposta, sembra esserci molto del carattere di questo autore coltissimo, capace di pensare e mettere in piedi un monumentale ciclo di nove romanzi – I volti di Dio è il primo della serie; qui il commissario Mallock è alle prese con un serial killer, il “Truccatore”, che colpisce senza pietà da un tempo insospettabilmente lungo e, soprattutto, senza lasciare tracce e con una crudeltà spaventosa (nella commistione dei generi chiamati in causa, qui, senz’altro c’è anche l’horror).
Anarchico, inarreso, poco incline a mediazioni di sorta, immaginiamo il nostro scrittore rispondere alle nostre domande dal suo tavolo di lavoro, orgogliosamente inattuale e lontano dal mondo (più di una volta, nel nostro scambio, ribadirà che quello che a lui importa, davvero, è dare vita, creare e trasmettere emozioni)
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I volti di Dio mette al centro di un plot violentissimo e avvincente il commisario Mallock. Raffinato, saggio, innamorato della vita nonostante lutti dolorosi. Un protagonista che sembra pure un pesce fuor d’acqua nel nostro contesto: veloce, dimentico di ogni bellezza.
Sì, in effetti è così. Vivo senz’altro male l’evoluzione delle nostre società, la loro deriva verso il basso, la vittoria della mediocrità sul talento, della menzogna sulla verità. E naturalmente il prevalere delle persone ipocrite su quelle per bene. Sono pure un uomo fortunato
Ci spieghi il perché.
Per me la possibilità di inventare, di creare è una sorta di isola in cui posso rifugiarmi tutti i giorni, quasi lambendo di striscio la vita. Non ho più la televisione, non ascolto la radio, non mi presto mai ad uscite mondane. Nella mia esistenza ci sono solo il lavoro di creazione e la mia famiglia: due figli meravigliosi e la stessa, fantastica donna con cui la mia vita trascorre da 45 anni a questa parte. Naturalmente, poi, ci sono anche gli amici e i miei lettori. Ed è davvero meglio così. Quanto accade ogni giorno, la stupidità di cui riferisce la cronaca, mi scatena ogni tanto qualche desiderio di omicidio di massa. Ma questo pare sia punito dalla legge. Peccato! Ovviamente sono ironico..
Chi l’ha presentata alla proclamazione della sestina del Bancarella l’ha definita “un uomo del Rinascimento”. Per l’erudizione, le mille competenze, di cui in effetti è facile rendersi conto leggendola. Accetta la definizione?
Ogni tanto me lo dicono anche con intento critico! Ma io sorrido e sì, ringrazio, è una definizione che potrebbe fare al caso mio. Lo ripeto: sono nato per imparare e per esercitare la mia creatività. Nient’altro saprebbe risvegliarmi dalla noia o dalla mia naturale malinconia. In un tempo così depressivo come il nostro, anche solo una giornata priva di creatività è qualcosa che letteralmente mi schiaccia in un abisso di stress.
Mallock non scrive solo libri. Ci parli della sua officina.
Cerco di limitare la mia attività a tre branche: letteratura, arti visive – dal quadro alla fotografia, ma mi piace anche la grafica (per esempio: le copertine dei miei tre prossimi libri in uscita in Francia, a febbraio, sono tutte a mia firma) – e poi naturalmente c’è la musica. Mi sono occupato anche di design, di pubblicità, sono un inventore (ho registrato diversi brevetti internazionali). Dietro c’è sempre un solo obiettivo, un unico desiderio: trasmettere le mie emozioni. Il grande mistero? Più esse vengono dal profondo, più sono frutto della mia interiorità e più si dimostrano, infine, universali!
Che libri legge?
Non leggo più ormai da 25 anni. La stesura della trama e il lavoro di documentazione, nella redazione di un libro sono molto impegnativi, mi prendono dai 18 mesi ai 2 anni. Infatti: perchè le cose appaiano semplici a chi legge, è necessario sapere ogni cosa del soggetto chi ci si è scelti. E non è un semplice lavoro preparatorio, è anche fonte d’ispirazione. La Storia, per esempio, ci riserva sorprese meravigliose, coincidenze fantastiche. Ho un laboratorio complesso: certe volte scrivo anche dieci pagine per mantenere solo due frasi nella redazione finale, ma quelle parole si sono di fatto ancorate in tutta la verità che si trasmette attraverso la ricerca. Le mie trame, poi, sono molto complesse. Accade che io ne porti avanti contemporaneamente anche molte allo stesso tempo. Ma bisogna passarle e ripassarle per renderle finissime, perchè scorrano meravigliosamente alla lettura.
Torniamo al libro in concorso al Bancarella: I volti di Dio. Thriller esoterico? Lotta metafisica del bene contro il male? Come definirlo? Non riveliamo nulla perché, lo dico io e la levo d’imbarazzo, la lettura è davvero avvincente. Qui c’è un personaggio che non è semplicemente cattivo. E’ molto, molto di più.
In Francia il mio editore definisce i miei libri “thriller letterari” proprio in ragione di quella forma così elaborata cui accennavo poco fa. Una forma che ha come obiettivo quello di veicolare un’emozione che io non desidero esplicitare se non attraverso la narrazione o il dialogo. Vàlerie Miguel – Kraak, che pubblica attualmente i miei libri, utilizza anche la locuzione di” thriller barocco” per chiarire l’immaginario di riferimento. Anche se si inseriscono nel contesto di una seria di nove– Le cronache barbare – tengo a specificare che i miei libri sono tutti diversi tra di loro. Mi piace, per quel che riguarda I volti di Dio, la sua definizione di thriller esoterico. Alla loro conclusione, le Cronache, formeranno una sorta di «Commedia (in)umana» che prenderà dentro tutto ciò che rende l’uomo, appunto, il barbaro che sarà per sempre. Alla faccia dei sorrisi e degli scetticismi, nonostante le promesse di redenzione e di miglioramento, di non aggressione che egli sviluppa quotidianamente. Pessimista e misantropo, Mallock ? Lo ammetto, sono colpevole, vostro onore.
Mi permetto, però, di insistere sul tema dei riferimenti letterari: il suo libro sembra in effetti coltissimo e non usa certo riferimenti comuni.
E allora rispondo che, in effetti, io mi sento ancora addosso il profumo delle mie letture di adolescente o di giovane uomo (anche se è stato mille anni fa!). Lovecraft, Albert Cohen, Edgard Allan Poe, Arthur Rimbaud, Victor Hugo, Bradbury, Tintin…
La mia ambizione è sempre stata quella di conciliare esigenza formale, stile letterario con l’impatto narrativo enorme della letteratura di genere. Perchè obbligarsi a scegliere? Certo, so bene che è molto difficile conciliare entrambe le cose: l’esigenza letteraria, per così dire, rallenta la narrazione e viceversa. Diciamo allora che è da ricercare un equilibrio difficilissimo da individuare e, soprattutto, da mantenere, dall’inizio alla fine di un libro.
Come tutti i personaggi seriali anche Mallock ha la sua corte di coprotagonisti. Qui, nelle prime pagine dei Volti di Dio, troviamo un libraio meraviglioso, amico di vecchia data del commissario. Un tipo che non sarebbe stato male a Pontremoli o a Montereggio
Ho un amore assoluto per i librai e le librerie dai tempi della mia infanzia. Spendevo lì tutte le mie paghette. Entravo il sabato mattina e facevo raccolta di ogni novità possibile. Leggevo un libro al giorno. Poi sono scomparso, come dicevo non leggo da 25 anni, ma quando ho iniziato a pubblicare sono tornato alle librerie per gli incontri con i lettori, per i firmacopie. E la storia d’amore è ricominciata. Ogni volta che vedo una bella libreria mi sorprendo.
Sembra quasi un messaggio anticrisi.
I librai sono personaggi, sempre, incredibilmente accattivanti. E senza di loro, vorrei che fosse chiaro, i libri sarebbero orfani!